San Lorenzo di Torbi

  • Orario messa


    Sabato
    ore 18:00

  • Titolo

    San Lorenzo Martire

  • Feste

    N.S. della Guardia a Rocca Maya (2 Giugno)
    Maria Regina (ultima Domenica di Giugno)
    San Lorenzo (10 Agosto)
    San Nicola (1Domenica di Dicembre)

Storia

Nel 1311 alcuni documenti testimoniano la presenza di un edificio religioso a Torbi.

Sull'altare maggiore, di marmo, è presente una pala di Bernardo Castello raffigurante il Martirio di San Lorenzo.

Nel 1387 perde la cura d'anime. Unita a san Martino di Paravanico il 22 marzo 1415, rimase in tale situazione fino all'8 aprile 1600, quando l'Arcivescovo Matteo Rivarola la eresse in parrocchia indipendente, affidandola il 28 aprile al prete Andrea Ferrando. Da una lettera di questo don Ferrando al senato di Genova in data 27 giugno 1625 siamo informati che tutto il territorio della Pieve di Ceranesi, del quale Torbi faceva parte, ebbe a subire gravissimi danni dalle soldatesche gallo-sarde. Gli storici F.lli Remondini accennano a due ricostruzioni della chiesa, una nel 1311 e l'altra attorno al 1600, ad una navata con cinque altari.

Un fulmine nel 1879 danneggiò gravenente il campanile, che fu ricostruito nel 1883. La planimetria della chiesa si presenta con una lunghezza complessiva di ventuno metri e una larghezza di otto metri e mezzo; sono presenti quattro altari in cotto dedicati a sant' Agnese (già intitolato a san Matteo e a san Nicola di Bari) e alla Madonna del Rosario dove in quest'ultimo è conservata la statua in legno della Vergine Maria. Gli altri due altari sono intitolati a san Isidoro e san Giovanni Nepomuceno (già dedicato al Santissimo Crocifisso) e l'altro a san Giuseppe ed ai martiri Fermo e Rustico. Sull'altare maggiore, di marmo, è presente una pala di Bernardo Castello raffigurante il Martirio di San Lorenzo.

Nel 1940 la chiesa venne interamente affrescata dal pittore Luigi Gambini e tre anni dopo venne rifatto il pavimento.


San Lorenzo

Il diacono e martire San Lorenzo ha assunto nel corso dei secoli un fama e una devozione veramente cattolica, universale, e ha saputo incarnare un modello concreto di servizio sena compromessi, tale ad essere additato come paradigmatico della diaconia in Cristo. Secondo un’antica “passione”, raccolta da sant’Ambrogio, San Lorenzo fu bruciato sopra una graticola: un supplizio che ispirerà opere d’arte, testi di pietà e detti popolari per secoli. Al principio dell'agosto 258 l'imperatore Valeriano aveva emanato un editto, secondo il quale tutti i vescovi, i presbiteri e i diaconi dovevano essere messi a morte. L'editto fu eseguito immediatamente a Roma, al tempo in cui Daciano era prefetto dell'Urbe. Sorpreso mentre celebrava l'eucaristia nelle catacombe di Pretestato, papa Sisto II fu ucciso il 6 agosto insieme a quattro dei suoi diaconi, tra i quali Innocenzo; quattro giorni dopo il 10 agosto fu la volta di Lorenzo, che aveva 33 anni. 

La sua vita come diaconato perenne
Lorenzo nacque a Osca (Huesca), città della Spagna, nella prima metà del III secolo. Venuto a Roma, centro della cristianità, si distinse per la sua pietà, carità verso i poveri e l’integrità di costumi. Grazie alle sue doti, Papa Sisto II lo nominò Diacono della Chiesa, meglio capo dei diaconi. Doveva sovrintendere all’amministrazione dei beni, accettare le offerte e custodirle, provvedere ai bisognosi, agli orfani e alle vedove. 
Per queste mansioni Lorenzo fu uno dei personaggi più noti della prima cristianità di Roma ed uno dei martiri più venerati, tanto che la sua memoria fu ricordata da molte chiese e cappelle costruite in suo onore nel corso dei secoli. Lorenzo fu catturato dai soldati dell’Imperatore Valeriano il 6 agosto del 258 nelle catacombe di San Callisto assieme al Papa Sisto II ed altri diaconi. Mentre il Pontefice e gli altri diaconi subirono subito il martirio, Lorenzo fu risparmiato per farsi consegnare i tesori della chiesa. 
Si narra che all’Imperatore Valeriano, che gli imponeva la consegna dei tesori della Chiesa, Lorenzo abbia portato davanti numerosi poveri ed ammalati ed abbia detto “Ecco i tesori della chiesa”. In seguito Lorenzo fu dato in custodia al centurione Ippolito, che lo rinchiuse in un sotterraneo del suo palazzo; in questo luogo buio, umido e angusto si trovava imprigionato anche un certo Lucillo, privo di vista. Lorenzo confortò il compagno di prigionia, lo incoraggio, lo catechizzò alla dottrina di Cristo e, servendosi di una polla d’acqua che sgorgava dal suolo, lo battezzò. Dopo il Battesimo Lucillo riebbe la vista. Il centurione Ippolito visitava spesso i suoi carcerati; avendo constatato il fatto prodigioso , colpito dalla serenità e mansuetudine dei prigionieri, e illuminato dalla grazia di Dio, si fece Cristiano ricevendo il battesimo da Lorenzo. In seguito Ippolito, riconosciuto cristiano, fu legato alla coda di cavalli e fatto trascinare per sassi e rovi fino alla morte. Lorenzo fu bruciato vivo sulla graticola, in luogo poco lontano dalla prigione; il suo corpo fu portato al Campo Verano, nelle catacombe di Santa Ciriaca.

La controversa questione del martirio
Il Martirio di san Lorenzo è datato dal martirologio romano il 10 agosto del 258 dopo Cristo. A ricordare questi avvenimenti furono erette a Roma tre chiese: San Lorenzo in Fonte (luogo della prigionia), San Lorenzo in Panisperna (luogo del martirio) e San Lorenzo al Verano (luogo della sua sepoltura). Storicamente però furono circa 30 (delle sette rimaste) le chiese dedicate a San Lorenzo, santo amatissimo e compatrono di Roma.  Secondo la devozione e la pietà popolare San Lorenzo fu bruciato sopra una graticola, la Leggenda Aurea del beato Jacopo da Varazze, ne ha in modo significativo sigillato la pietas popolare con la narrazione dei suoi ultimi momenti. Secondo la moderna storiografia tuttavia in base a studi concernenti l’epoca, viene considerata leggendaria questa tradizione, infatti  L’imperatore Valeriano non ordinò torture, tanto che appare più veritiero ritenere che Lorenzo sia stato decapitato come Sisto II, Cipriano e tanti altri. A suffragare la tradizione della graticola resta nondimeno l’ininterrotta trasmissione ab immemorabili che è come già detto parte ancora prima del grande Sant’Ambrogio che ne riteneva come notizia certa.

Il culto e i patronati
San Lorenzo è patrono di diaconi, cuochi e pompieri. Fin dai primi secoli del cristianesimo, Lorenzo viene generalmente raffigurato come un giovane diacono rivestito della dalmatica, con il ricorrente attributo della graticola o, in tempi più recenti, della borsa del tesoro della Chiesa romana da lui distribuito, secondo i testi agiografici, ai poveri. Gli agiografi sono concordi nel riconoscere in Lorenzo il titolare della necropoli della via Tiburtina a Roma. In particolare insieme a Santo Stefano e San Vincenzo, Lorenzo è per antonomasia modello perfetto del diacono, il servizio alla Chiesa vista come popolo in cammino che nel suo grembo riconosce Cristo presenti in particolare nei poveri e nei sofferenti.

L’affascinante legame con le stelle cadenti
La notte dedicata al martirio di san Lorenzo è legato ormai in modo indissolubile al fenomeno delle stelle cadenti, diverse sono le interpretazioni di questo binomio che nasce per motivi ovviamente estranei alle sue vicende agiografiche sebbene si possa azzardare un interessante legame.  Le «stelle cadenti» rappresentano le lacrime versate dal Santo durante il suo supplizio, lacrime che vagherebbero eternamente nei cieli, e scenderebbero sulla terra solo in questo giorno; oppure, le «stelle cadenti» ricordano i carboni ardenti su cui il Santo, secondo la leggenda, fu martirizzato (su una graticola, il suo emblema). In ogni caso, la tradizione di questa notte ha creato un’atmosfera ricca di speranza: si crede infatti che si possano avverare i desideri di tutti coloro che si soffermino a ricordare il dolore di san Lorenzo, e il rituale più diffuso prevede che a ogni stella cadente si pronunci l’avvenimento auspicato. Celebre la poesia di Giovanni Pascoli, che interpreta la pioggia di stelle cadenti come lacrime celesti, intitolata appunto, dal giorno dedicato al santo, X agosto: «San Lorenzo, io lo so perché tanto / di stelle per l'aria tranquilla / arde e cade, perché si gran pianto / nel concavo cielo sfavilla...».


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